di Federico Rossi – Sintesi Comunicazione*
Negli ultimi anni la sostenibilità è entrata in modo significativo e strategicamente organizzato nelle agende di sviluppo delle aziende italiane, anche di medio-piccole dimensioni e non direttamente afferenti a settori tipicamente correlati all’ambito ambientale.
Si sta uscendo dalla visione primordiale centrata quasi su un approccio di “espiazione” legato all’inquinamento generato dai cicli produttivi delle aziende o dagli stili di vita delle persone, per passare a un approccio che bilanci il fondamento etico (che resta fondamentale) e lo sviluppo competitivo delle imprese.
Si è passati così da una visione “filosofica” della sostenibilità a un approccio tecnico e tecnologico che mette al centro la revisione dei processi e dei prodotti in ottica inizialmente di efficientamento, oggi anche in ottica di economia circolare.
Quest’approccio ha ampliato la prospettiva in quanto la gestione corretta della sostenibilità deve essere implementata lungo tutta la filiera. Il focus resta, però, ancora sulla supply chain. Ancora troppo spesso ci si dimentica “dell’ultimo miglio” ovvero dell’ultimo anello di collegamento con il mercato.
La sostenibilità, infatti, non può essere letta solo come elemento etico e di efficientamento, ma deve necessariamente diventare vantaggio competitivo. Questo vantaggio si estrinseca solo se cambia la matrice relazionale tra l’azienda e i suoi stakeholders, clienti in primis. In quest’ambito la comunicazione gioca un ruolo vitale.
Bisogna sottolineare subito che la comunicazione della sostenibilità presenta dinamiche diverse dalla tradizionale comunicazione commerciale, in quanto non solo deve evidenziare le reali performance “green” dell’azienda (quindi comunicando il vantaggio competitivo), ma deve contribuire alla crescita e allo sviluppo della capacità del mercato di valutare, apprezzare e richiedere prodotti (e aziende) sostenibili. Questa seconda direttrice deve avere come obiettivi 4 “C” specifiche: la diffusione della più ampia cultura (prima “C”) della sostenibilità, che possa fare da acceleratore della consapevolezza (seconda “C”) e quindi dei corretti comportamenti (terza “C”) che, quindi, sempre più si baseranno su driver di scelta (anche dei prodotti) “green”.
Il tutto poi valorizzato e amplificato dalla condivisione (quarta “C”) legata anche alla socializzazione delle esperienze.
Una comunicazione orientata, quasi, a creare una nuova alleanza con il mercato.
Una comunicazione di sviluppo che deve essere responsabilità (anche) delle aziende e non può essere delegata completamente alla Pubblica Amministrazione.
La difficoltà più significativa sta nella capacità di tradurre aspetti (tecnici, prestazionali, normativi, comportamentali ecc.) molto complessi in modo da renderli fruibili da un universo di stakeholders e quindi di destinatari molto disomogeneo per conoscenza e attenzione verso queste tematiche. È proprio la generazione di contenuti l’elemento chiave.
Contenuti che da un punto di vista sostanziale dovranno essere oggettivi, misurabili e confrontabili, mentre da un punto di vista formale e di divulgazione dovranno essere comunicati seguendo il bilanciamento tra aspetti apparentemente in antitesi quali creatività e razionalità, emozione e tecnicismo, informalità e formalità.
Il tutto mettendo sempre al centro la persona in quanto la sostenibilità è sempre più condivisione di valore e benessere tra tutti i portatori di interesse.
*Partner operativo del progetto Economia Circolare