di Federico Rossi
head of strategy Sintesi Factory – project leader Sintesi Sostenibile
Il tema della sostenibilità rappresenta oggi un fattore chiave dello sviluppo delle imprese. Ma cosa vuol dire effettivamente fare sostenibilità? Come questo ambito impatta realmente sul modello di business aziendale?
Lo schema classico della triple bottom line teorizzato da Elkington non è più sufficiente per dettagliare la reale pervasività di un approccio che taglia in modo verticale e orizzontale tutta la struttura organizzativa e rimodula il pensiero strategico ridefinendo gli obiettivi di medio-lungo periodo e conseguentemente le attività aziendali.
Come già successo con le “4P” di Kotler anche le “3P” di Elkington sono destinate ad aumentare.
La “P” di prosperity è, di fatto, già entrata a pieno titolo in una lettura contemporanea della sostenibilità.
Alcune interpretazioni introducono la “P” di pace (peace) anche se in una verticalizzazione del modello sulla sfera aziendale questa rappresenta un ambito – per quanto importante – sicuramente non così impattabile dalla singola impresa.
In quasi 20 anni di attività di consulenza nel campo dei modelli di business sostenibili e della conseguente rendicontazione di sostenibilità ho sviluppato un modello che mette in sinergia ben 11 “P” ovvero undici ambiti che devono essere approcciati con visione strategica integrata da parte di quelle realtà che vogliono passare da una sostenibilità raccontata a una sostenibilità agita.
Perspective
Se la sostenibilità – come ormai, fortunatamente, ampiamente condiviso – non rappresenta un fenomeno passeggero ma un cambio di paradigma ineluttabile che sta modificando gli equilibri del mercato e le regole competitive, il punto di innesco del tutto non può essere che quello di un cambio di prospettiva profondo.
Un salto culturale che ci porta ad approcciare la sostenibilità con la consapevolezza che sicuramente non può essere uno switch immediato ma neanche un’evoluzione ancora procrastinabile.
Un’evoluzione che richiede tempo ma che deve essere supportata da visione, strategia, azioni e investimenti concreti.
Il cuore del modello resta ovviamente centrato sulle “3P” classiche.
Planet
Rappresenta la sfera ambientale ovvero quell’ambito che ancora oggi viene spesso visto come prioritario per mettere a terra una strategia sostenibile.
Agire su questa leva implica una rivisitazione dei processi e dei prodotti.
L’obiettivo è quello di ridurre gli impatti però mantenendo – se non addirittura migliorando – le prestazioni dei prodotti.
La vera sostenibilità, infatti, non deve condurre a una regressione degli stili di vita ma deve puntare a uno sviluppo che sia però compatibile, appunto, con una riduzione degli impatti.
L’innovazione tecnologica gioca un ruolo decisamente imprescindibile sia nello sviluppo di nuovi materiali, processi e prodotti più “eco-compatibili” sia nello sviluppo di efficientamenti reali sul fronte dell’utilizzo dei fattori e delle risorse produttive (energia, acqua, ecc.) e sulla riduzione delle esternalità negative (emissioni, rifiuti, ecc.).
People
La sostenibilità non è da confondere con la charity che resta afferente alla sfera intima dell’imprenditore e scollegata dalla strategia aziendale.
Di conseguenza, lavorare sulla P di people non vuol dire fare beneficienza ma mettere al centro un approccio olistico finalizzato al “benessere” di tutti gli stakeholder aziendali: dai collaboratori alle collettività di riferimento.
Un tema spesso sottovalutato (ed erroneamente sovrapposto agli aspetti di sicurezza e welfare) ma che sempre più diventerà centrale in quanto legato anche a una serie di evoluzione sociologiche che stanno impattando sempre di più sul concetto di lavoro, sugli stili di vita e sulla relazione stakeholder-azienda.
Profit
Spesso citata per terza nel modello classico ma di fatto rappresenta la P principale.
Senza profitto non può esistere azienda.
E senza profitto non può esistere l’azienda etica perché un’azienda che non produce reddito di fatto non è destinata a sopravvivere e soprattutto difficilmente potrà far fronte alle proprie obbligazioni verso gli stakeholder non pagando i collaboratori, i fornitori, le tasse.
A queste tre “P” se ne aggiungono altre che permettono di meglio contestualizzare l’impatto sul modello di business aziendale.
Prosperity
Oggi usata (erroneamente) come alternativa alla P di profit, ne rappresenta una naturale evoluzione costituendo il reale cuore dell’approccio sostenibile.
Il profitto deve restare centrale e non deve essere letto come un elemento anti-etico.
Il cambiamento sostenibile sta nella destinazione di questo profitto.
La lettura (ampiamente superata) di Milton Friedman evidenziava come il fine dell’azienda fosse quello di massimizzare il ritorno economico per gli shareholders.
Oggi il profitto deve, ovviamente, continuare a remunerare adeguatamente i portatori di capitale ma deve essere destinato anche a produrre benessere per i portatori di interesse (stakeholder) e in generale per tutto il sistema.
Producing Shared Value
Il passaggio da profit a prosperity risiede in un cambio di approccio teorizzato da Porter: creare valore condiviso.
Per ragioni “semantiche” ho modificato la dicitura classica CSV (creating shared value) in PSV (producing shared value) ma la sostanza non cambia.
Il profitto deve essere finalizzato anche all’accelerazione di un percorso virtuoso orientato alla creazione di valore per tutti i soggetti coinvolti dall’azione aziendale.
Anche in questo caso il movente non è filantropico.
Produrre benessere per tutti gli stakeholder porta il sistema azienda ad aumentare le proprie performance e quindi la propria profittabilità: i collaboratori lavorano meglio, le catene di fornitura sono più efficaci, il rapporto con il mondo del credito più fluido, la relazione con i territori più trasparenti.
La vera sostenibilità, in pratica, è win-win.
Partnership
Questo salto culturale, di prospettiva, di modello e di operatività non può essere realizzato totalmente in modo endogeno all’azienda.
Le partnership saranno fondamentali.
Se leggiamo, però, il tema della partnership non limitandolo alla tipica collaborazione “commerciale” su ambiti specifici e perimetrati (per quanto magari consolidati nel lungo periodo) ma spostandolo sul piano più alto di un’alleanza sociale basata su una convergenza valoriale e di visione allora la combinazione relazionale tra azienda e attori della catena del valore e del contesto di riferimento cambia.
Tutti gli stakeholder operano nella stessa direzione perché il bene dell’azienda non è limitato al benessere degli assetti proprietari ma un benessere collettivo che viene proprio generato e amplificato dal ruolo socialmente sostenibile dell’impresa stessa.
Un’evoluzione che potrebbe portare anche a un ripensamento dei confini dell’azienda che ovviamente da un punto di vista normativo e legale resta afferente ai profili proprietari giuridicamente riconosciuti ma che in pratica diventa di tutti coloro che hanno interesse affinché la business continuity venga mantenuta.
La sostenibilità diventa quasi una terza via tra il modello comunista – già giudicato dalla storia – e il modello capitalista che mai come oggi sta dimostrando tutti i suoi limiti strutturali.
Principles of governance
Mettere in sinergia tutte queste leve vuol dire avere una visione strategica focalizzata e strutturata.
La sostenibilità non si fa a parole ma non si fa neanche con attività spot.
Questo ci ritorna anche una lettura superata della classica CSR (Corporate Social Responsability) che per sua natura è reattiva, non strategica e scollegata dalla generazione di business.
Serve, quindi, una governance forte che sappia generare un forte commitment e orientare tutto il sistema verso il cambio di paradigma.
Purpose
Il tema della sostenibilità – letta nella dimensione PSV – si lega a doppio filo con il purpose ovvero il fine ultimo del perché l’azienda esiste.
Oggi il tema del purpose sta diventando sempre più centrale nel posizionamento strategico delle aziende perché rappresenta un elemento valoriale profondo sul quale costruire una relazione di affinità duratura con i propri clienti e più in generale con i portatori di interesse.
La sostenibilità è, conseguentemente, sempre più un tema competitivo che diventa modello di business.
Performance e business continuity
La lettura sinergica delle P ci ritorna una fotografia della sostenibilità che esce dalla sfera etica ed entra prepotentemente nell’ambito delle performance e della competitività aziendale.
Essere sostenibile diventerà sempre più un pre requisito richiesto dai mercati, dalle norme, dal sistema finanziario.
L’approccio PSV, inoltre, rappresenta di fatto un boost prestazionale dell’azienda che riesce a gestire in modo più efficace ed efficiente tutti gli attori della catena del valore con reciproco vantaggio.
La sostenibilità diventa così fondamentale per la business continuity dell’impresa spostando ancora di più questo tema a un livello strategico vitale per le aziende di tutti i settori e di tutte le categorie merceologiche.
Progress
L’applicazione di questo modello ci ritorna un ruolo diverso dell’impresa all’interno non solo del sistema economico ma del più ampio sistema sociale.
Un’impresa che agisce come acceleratore non solo nella concretizzazione degli SDG’s ma nell’esplicitazione di un ruolo mai come oggi fondamentale per il progresso e il benessere collettivo.
Un’azienda non più dominus in una dinamica esclusivamente legata ai clienti ma che diventa nodo vitale di un sistema complesso dove le relazioni non si dipanano solo nella direttrice di mercato ma diventano una rete ampia che comprende tutte le interazioni sociali.