Il post pubblicato qualche giorno fa sulla pubblicità scandalo nel fotovoltaico (clicca qui) ha suscitato un grande interesse con quasi 300 visite in poco più di 48 ore.
Le reazioni sono state praticamente unanimi: sdegno e offesa.
A questo punto vogliamo introdurre un ulteriore ambito di riflessione.
La pubblicità “fotovoltaica” ovviamente fu immediatamente oggetto di valutazione da parte del Gran Giurì che a suo tempo intervenne con una sentenza di sospensione.
L’uso esplicito del sesso, a volte anche con risvolti molto forti e al limite del pudore, è molto ricorrente però nei paradigmi comunicativi fashion.
In quest’ambito, sarà per la dimensione delle aziende o per il calibro delle agenzie e dei fotografi, i giudizi del Giurì sono spesso più morbidi (anche se per completezza bisogna dire che la campagna di Gucci sottoriportata era stata a suo tempo sospesa).
A volte si cerca giustificazione rimandando a dei canoni artistici, canoni spesso usati in modo molto elastico.
Certo una foto di Avedon o Testino “vale” dal punto di vista artistico più di uno scatto fatto da un anonimo fotografo di provincia.
Ma la sostanza non cambia, si utilizzano sempre tematiche “delicate” (ognuno poi valuta il livello di delicatezza in base ai propri criteri soggettivi) a fine commerciale.
Ma quanto “delicate” sono queste tematiche? Ha ancora senso parlare di pudore? Ha ancora senso scandalizzarsi? Una pagina pubblicitaria “hard” può essere reputata un’opera d’arte?
Dite la vostra!