Per rimediare alla saturazione dei media tradizionali, tv e giornali in primis, gli uomini marketing sono sempre alla ricerca di nuove strategie e nuovi strumenti.
Il product placement, letto come il posizionamento in un prodotto cinematografico di un marchio o di un prodotto a fronte del pagamento di un corrispettivo, ne rappresenta un valido esempio.
Sempre di più guardando un film ci rendiamo conto che abbondano i primi piani studiati per evidenziare un orologio (e il suo marchio), un computer (e il suo marchio) o un’autovettura (e il suo marchio).
La strategia, che rappresenta oggi una delle direttrici di comunicazione più in crescita, non può però definirsi propriamente innovativa.
Fin dagli albori del cinema, l’idea di far apparire un marchio (in cambio di un finanziamento per la produzione) è stata ben presente.
Questo video di Filmdrunk lo evidenzia in modo perfetto.
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In molti ci hanno chiesto se l’attività di product placement è disciplinata dalla legge.
Per il mercato italiano si fa riferimento al D. M. 235/2004 “Modalità  tecniche di attuazione del collocamento pianificato di marchi e  prodotti nelle scene di un’opera cinematografica product placement”, altresì denominato decreto Urbani.
Il decreto sancisce che la presenza di marchi e prodotti nelle scene di un’opera cinematografica deve  essere palese, veritiera e corretta, integrandosi altresì nello sviluppo dell’azione, senza costituire  interruzioni, e, comunque, deve essere coerente con il contesto  narrativo del film. Ai fini della riconoscibilità dell’azione di product placemente, l’opera cinematografica deve  contenere un avviso nei titoli di coda che informi il pubblico della  presenza di marchi e prodotti all’interno del film, con la specifica  indicazione delle ditte inserzioniste.



