Abbattimento delle barriere all’entrata, diffusione della tecnologia, globalizzazione, nuovi competitors: l’unica cosa certa in questo scenario è che il prodotto (o il servizio) non è più in grado di garantire un vantaggio competitivo stabile e duraturo nel tempo.
Oggi i prodotti sono imitabili, troppo velocemente imitabili.
Così anche in settori altamente tecnici, come i mercati industriali e btb, la prestazione tecnica del prodotto non è più realmente distintiva.
La qualità e la performance non sono più elementi differenziali, sono elementi basilari per partecipare alla competizione. Il fatto che il prodotto funzioni, e funzioni bene, è dato per scontato.
L’innovazione di prodotto ha ancora il suo peso, ci mancherebbe, ma può capitare che il ritorno sugli investimenti non sia quello sperato proprio perché l’innovazione (nonostante i brevetti) viene rapidamente copiata.
Ma cos’è che può rendere unica un’azienda?
Il suo modo di fare impresa, la sua essenza profonda, il suo modo di fare business. È inimitabile quel mix di vision, mission, organizzazione, approccio al mercato, stile imprenditoriale, tecnologia, innovazione, prodotto, eccetera.
Nonostante tutto, al centro di questi aspetti c’è un unico denominatore comune: la persona.
Già da qualche anno le quattro “P” di Philp Kotler sono oggi diventate cinque arricchendosi della “P” di person.
Le aziende sono fatte di persone, i mercati sono fatti di persone, le istituzioni sono fatte di persone. In una società sempre più interconnessa le relazioni coinvolgono necessariamente le persone.
La persona e le relazioni diventano il centro e il motore di tutto.
Le organizzazioni cambiano, così pure i modelli organizzativi. Contano ancora le strutture e le procedure, ma contano di più le persone che devono implementarle e viverle quotidianamente.
Anche il marketing diventa personalizzato. Si ipersegmenta per capire le singole sfaccettature dei singoli clienti.
Il cliente oggi vuole interagire con l’azienda. Vuole che le sue istanze vengano recepite. Vuole essere parte attiva dei processi aziendali.
In sintesi: vuole essere protagonista.
Così anche la comunicazione cambia. Non più rivolta a un mercato impersonale letto come smaterializzata entità ma destinata al reale attore del processo di scelta: il cliente-persona.
Anche in un processo di scelta razionale come quello che governa le interazioni tra aziende btb, le relazioni intervengono tra persone.
Le valutazioni quindi non possono essere strettamente oggettive ma vengono influenzate dall’emotività, dagli stili di vita, dai background culturali dei singoli soggetti.
La comunicazione così si diversifica a seconda del pubblico e del messaggio ma soprattutto mette al centro il suo destinatario quasi a voler dare sostanza al concetto di empatia.
Il marketing dice che il cliente è al centro, così il protagonista della comunicazione diventa il cliente.
Non si comunica più come una volta un prodotto con delle caratteristiche tecniche ma una più ampia e strutturata soluzione (prodotto-servizio-azienda) a delle esigenze specifiche, personali, quasi singolari. Esigenze che sono sia aziendali (performance, produttività, economicità, etc.) sia personali (tranquillità, sicurezza, attenzione, e così via.)
Il target si materializza e diventa il primo testimonial. Per i settori del largo consumo non è una novità. È invece una piccola rivoluzione per un settore come il btb, che ha fatto parlare il prodotto spesso in modo esclusivo e in alcuni casi autocelebrativo. Non solo prodotto quindi. Non più macchinari inseriti in improbabili contesti fantascientifici, ma la rassicurante figura umana che tranquilizza il potenziale cliente. Anzi la persona.
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Bisogna capire che il mondo è cambiato.
Che il business non si affronta più con gli occhi e con i paradigmi di 30 anni fa.
Non sarà il prodotto (o meglio non sarà solo il prodotto) a salvarci!