L’altro giorno, sfogliando un magazine, mi ha colpito una frase: “sta passando l’idea che fare le cose bene o tirar via sia la stessa cosa”.
Mi ha fatto pensare.
Ed è vero, in molti campi e quindi anche nel mondo della comunicazione, sta passando questo nuovo paradigma.
Il mondo corre e ogni giorno bisogna rincorrere mercati, tecnologie, opportunità.
Il mondo corre e i tempi sono sempre più compressi.
Ma è giusto cercare la rapidità e la quantità spesso a scapito della qualità?
Nel campo della comunicazione la situazione è, se possibile, ancora più disperata.
Nei momenti di crisi (e a volte anche nei momenti di crescita) molte aziende rivolgono al marketing e alla comunicazione un’attenzione marginale.
Bisogna vendere.
Tra i presupposti per vendere ci sono però anche il marketing e la comunicazione (non è sufficiente solo avere il prodotto e battere a tappeto il mercato).
Così ci si ritrova che arriva la data di una fiera, di una riunione agenti, del lancio di un nuovo prodotto e ci si accorge che si deve anche comunicare.
E allora si corre… basta fare qualcosa. Bene o male non importa. L’importante è fare, tanto sono altre le cose importanti.
La situazione assume contorni quasi grotteschi con le campagne pubblicitarie sulle riviste specializzate.
Aziende che, senza una strategia ma solo per abitudine o perché cedono ai colpi di venditori di spazi sempre più agguerriti, comprano (non si può parlare di investimento proprio perché spesso non c’è una strategia) decine di migliaia di euro di pagine.
Salvo poi “tirar via” sulla parte creativa. Spendono per gli spazi ma non spendono per i contenuti.
Tanto a cosa serve? L’importante è esserci, come è secondario.
E così improvvisamente le riviste si riempiono di scempi comunicativi deleteri per l’immagine e la reputazione aziendale e assolutamente distruttivi per dei prodotti invece tecnicamente ottimi.
“Tirar via” sembra essere diventato il nuovo mantra, anche perché “ormai fa tutto il computer” quindi non serve tempo.
Peccato però che la comunicazione non sia il risultato meccanico di un’azione informatica.
Ci vuole analisi, studio, elaborazione, estro, creatività, esperienza: tutte doti umane, tutte doti che richiedono tempo.
Ma sull’altare della nuova corsa competitiva, il tempo è risorsa scarsa, quindi, la comunicazione di qualità può essere sacrificata.
Spesso si arriva a situazioni nelle quali si chiede comunicazione di qualità dando però a disposizione tempi degni del miglior Usain Bolt. Non sempre però si possono correre i 100 metri al ritmo del record del mondo.
In questo contesto l’offerta comunicativa si appiattisce perché è anche la domanda che perde parte del suo profilo qualitativo.
Se bisogna fare in fretta, se bisogna tirar via, il mondo della comunicazione perde il suo valore aggiunto, non offre più un vantaggio competitivo reale e il prezzo diventa la discriminante principale.
Anche l’azienda però perde un’opportunità importante per vincere la battaglia del mercato.
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E’ estremamente, e tristemente, vero…oggi purtroppo moltissime delle grandi aziende si appiattiscono, e regrediscono, al modo d’agire e di “pensare” troppo spesso consono più alle piccole aziende…troppo spesso chi ha il potere decisionale si allinea al motto assurdo “il marketing non serve e la pubblicità solo per ricordare che esistiamo”…salvo poi pretendere qualità e risultati istantanei dai progetti strategici…sarebbe ora che cominciassero a “tirar via” determinate mentalità e questo tutte le tipologie d’azienda, indipendentemente siano esse grandi,medie o piccole.
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