Cinque anni fa tweet voleva dire solo e unicamente cinguettio.
Oggi dici tweet e pensi automaticamente ai social network.
Anche perché c’è una buona probabilità di rientrare nei 100 milioni di utenti attivi (al mese) del microblogging per antonomasia.
La crescita è stata esponenziale e ha portato al raggiungimento di oltre 400 milioni di utenti unici al mese tra i quali circa il 40% si collega solo per aprire una finestra sul mondo ovvero limitandosi a leggere.
Il sito gestisce circa 5 miliardi di interventi al mese. Una massa impressionante di dati e informazioni.
Nonostante il successo, Twitter resta fedele alla semplicità del suo modello. I 140 caratteri di limite massimo per singolo tweet resteranno invalicabili.
E forse proprio questa semplicità e velocità di interazione hanno rappresentano la chiave del successo in una cybersfera dove i social network sembrano rincorrere sempre più funzioni e utility.
Velocità di interazione che esprime tutta la sua potenzialità soprattutto nel caso delle grandi emergenze.
Basta pensare alle rivolte nel Nord Africa e Medio Oriente o alle sommosse estive di Londra.
Un traino al successo del social network, inoltre, è stato indubbiamente rappresentato dal massiccio ricorso da parte di star e personaggi pubblici che ormai sembrano affidare a Twitter, se non in esclusiva quanto meno in anteprima, le loro esternazioni (più o meno utili ma sicuramente di interesse per una larga fascia della popolazione).
In Italia, Twitter è ancora relativamente utilizzato.
Sicuramente la parte del leone è fatta da facebook che ormai naviga intorno ai 20 milioni di utenti nazionali.
Il microblogging sta lentamente raccogliendo “fedeli” con numeri in crescita anche se, appunto, lontani dal social network principe.
In Italia si contano circa 1,3 milioni di utenti e circa 7 milioni di visitatori al mese.
Numeri distanti dalla realtà americana ma che altresì testimoniano un fenomeno irreversibile che sta cambiando (ma forse sarebbe più corretto dire ha cambiato) il modo di essere, vivere e interagire dei consumatori, dei professionisti, delle imprese. In una parola, delle persone.
Numeri che non possono essere indifferenti per le aziende che quindi non possono più procrastinare una strategia di presidio e di gestione di questi strumenti e più in generale della presenza e della propria reputazione digitale.
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