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Le 4P del marketing mix, individuate da Philip Kotler negli anni ’60 (anche se in realtà la prima modellazione è da attribuire a Jerome Mc Carthy), hanno rappresentato per decenni gli elementi fondamentali sui quali basare una strategia di marketing.
Nel tempo le “P” sono aumentate. Ai tradizionali product, price, place e promotion si sono aggiunte la “P” di person, a rimarcare la crescente importanza del fattore umano non solo nel rapporto con il cliente ma nel più ampio processo di gestione aziendale, la “P” di packaging e di personal selling e molte altre ancora. Fino ad arrivare alla purple cow di Seth Godin. Una mucca viola come elemento di rottura in grado di attrarre realmente l’attenzione di un consumatore bersagliato di messaggi che anche nella loro perfezione si assomigliano sempre più (un elemento di rottura come una mucca viola inserito in un bel paesaggio che per quanto bello dopo un po’ annoia).
Rileggendo sotto un’altra ottica le “P” ci accorgiamo in realtà che comunque rappresentano degli output generati dall’azienda e veicolati verso il mercato; ovvero il cliente viene messo al centro ma fino a un certo punto.
Ad esempio, per quanto la definizione di un nuovo prodotto possa partire da un’attenta analisi di mercato il processo innovativo e il suo risultato finale (il nuovo prodotto appunto) restano sempre centrati prevalentemente sull’azienda e sulle sue capacità.
In particolare la promozione letta secondo lo schema delle “P” rappresenta quasi esclusivamente un canale univoco dove l’impresa è l’emittente del messaggio verso un mercato che deve recepire quasi passivamente quanto veicolato.
Le “P” vengono costruite per soddisfare i clienti ma sono ancora troppo “azienda-centriche”.
Da qui l’evoluzione al modello delle 5C: customer wants and needs, customer value, customer convenience, customer communication.
Un modello che, appunto, sposta veramente il focus dall’azienda al cliente.
Il prodotto non viene più letto come un qualcosa di hard con delle caratteristiche sicuramente tecniche e in alcuni casi accompagnate da plus intangibili.
Nel nuovo modello, il prodotto diventa un qualcosa (non necessariamente caratterizzato da prestazioni tangibili) in grado di rispondere concretamente alle necessità del cliente (customer wants and needs).
Non si parte solo dalle esigenze del cliente per costruire un nuovo prodotto. Si parte dalle esigenze per rispondere con un qualcosa a queste esigenze. E non è detto che questo qualcosa sia esclusivamente un prodotto. Diventa un prodotto “allargato”, ovvero una risposta aziendale che si estende dal prodotto tipico a tutto un insieme di vantaggi (valore) che l’azienda nel suo complesso è in grado di assicurare.
Allo stesso modo il prezzo rappresenta solo parzialmente la reale “spesa” sostenuta dal cliente. Con il concetto di customer value e di customer convenience si considerano tutti i costi (anche quelli indiretti e sommersi) sostenuti dal cliente.
Pensiamo per esempio ai costi sostenuti per raggiungere il punto vendita: il prodotto può essere meno caro di quello della concorrenza ma se per raggiungere il più vicino punto vendita il cliente deve affrontare un viaggio di 150 km molto probabilmente la competitività economica espressa dal solo costo di vendita può venire meno.
I tre elementi (customer wants and needs, customer value, customer convenience) sono tra loro strettamente correlati.
Dal costo del prodotto si passa così al concetto di valore, molto più pregnante in quanto tiene conto di tutti i fattori che possono creare distinzione e vantaggio competitivo.
Il prodotto non viene più valutato dal cliente in modo isolato, sempre più si tiene conto non solo dei servizi accessori (ormai spesso dati per scontati) ma anche, ad esempio, della notorietà e del prestigio della marca, dell’affidabilità e della fiducia che l’azienda nel suo complesso “ispira”.
Particolarmente significativo il passaggio da promotion a communication. Una comunicazione aziendale che non deve più essere intesa mono-direzionale.
Oggi l’azienda non è più in una posizione privilegiata nei confronti del mercato. Il cliente vuole essere protagonista, entrando quasi nei processi decisionali.
Il cliente vuole essere considerato, vuole sentirsi unico.
In pratica vuole essere ascoltato. Vuole dialogare con l’azienda.
La promozione evolve in comunicazione ovvero in un rapporto biunivoco azienda-cliente. L’azienda parla con il cliente ma anche il cliente parla con l’azienda in un rapporto costruttivo e positivo.
L’evoluzione dei mezzi di comunicazione ha reso possibile questo.
Da qui l’importanza crescente degli strumenti web 2.0.
Con uno spot pubblicitario (o meglio con la televisione) è difficile creare un rapporto (o meglio un canale di comunicazione) bidirezionale.
Con il web questo è possibile. Blog, forum, community sono tutti strumenti che permettono di instaurare un rapporto nuovo.
Questo non vuol dire che i media tradizionali devono essere abbandonati.
Il communication mix deve semplicemente ampliarsi, mescolando in modo sapiente e strategicamente organizzato tutti gli strumenti.
Mettendo realmente al centro il cliente.

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0 Comments

  1. diegovis ha detto:
    13 Aprile 2011 alle 10:22

    concordo al 100% ma temo che nella maggior parte delle PMI si dovrà lavorare parecchio per allinearsi su questi principi

    Rispondi
  2. F ha detto:
    14 Aprile 2011 alle 13:41

    C’è ancora troppo orientamento al prodotto… e alle vendite.
    Vendere, vendere, vendere resta l’imperativo.
    Prima la quantità poi la qualità.
    Prima il fatturato poi la qualità (e la durata) dei rapporti.
    Meglio un uovo subito che una gallina fra un’ora e per sempre.

    Rispondi
  3. Betty ha detto:
    19 Aprile 2011 alle 10:25

    Sfatiamo il mito del cliente che ha sempre ragione, vi prego.

    Rispondi

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