Un’indagine realizzata dall’istituto 6dv Insintesi, in collaborazione con Doxa, ha evidenziato che oltre il 70% del campione analizzato dichiara di non conoscere le energie rinnovabili. Una sfida e un obiettivo per la comunicazione delle imprese che operano in questi settori. Ne parliamo con Federico Rossi, resp. marketing di Sintesi Comunicazione.
D. Quando il 70% del mercato obiettivo non conosce il tuo prodotto diventa difficile fare business.
R. In queste condizioni è difficile fare business per tutti. Anche se nel caso delle energie alternative farei un distinguo. Il costante tam tam mediatico sulle problematiche ambientali ha sicuramente accresciuto le opportunità per queste aziende. Non ho letto nel dettaglio i risultati dell’indagine ma ritengo che la conoscenza di base di queste soluzioni si stia comunque diffondendo velocemente. Le opportunità sono quindi ampie. La difficoltà degli utenti finali sta nel comprendere pienamente le differenze e gli aspetti tecnici delle singole tecnologie. Ovvero si sa cos’è un pannello solare, non si sa bene cosa faccia. In pratica non si sa che differenza c’è tra fotovoltaico e solare termico. Le imprese di questo settore dovranno investire in maniera molto ponderata in comunicazione.
D. Si dovrà quindi spingere sulla comunicazione “tecnica” anche per l’utente finale?
R. Non solo. Facendo riferimento al mercato finale (escludendo quindi i target professionali) dare un taglio troppo tecnico alla comunicazione potrebbe essere un errore. Si dovrà operare a due livelli. Un livello emozionale per promuovere il “concetto” di energia rinnovabile. Un livello più specifico per illustrare le peculiarità tecniche.
D. Che mix utilizzare quindi?
R. L’errore più grosso è quello di caricare l’advertising di ambedue i ruoli. L’advertising dovrà essere utilizzato per gestire il livello emozionale, colpire la sensibilità e il vissuto del prospect al fine di aumentare la brand awarness dell’azienda (che comunque opera in un settore che vede un alto tasso di incremento della concorrenza) comunicando anche le opportunità offerte dalle energie rinnovabili (salvaguardia ambientale, risparmio energetico, vantaggi economici, etc.).
Ritengo, ad esempio, che nel visual di una campagna non sia necessario utilizzare una grande foto di pannelli solari (facendo vedere quindi l’unico elemento che il target conosce già bene e che comunica poco sul piano dell’approfondimento tecnico). Meglio utilizzare qualcosa che colpisca. Questo non vuol dire eliminare completamente il prodotto (che ci serve per spiegare cosa offriamo e ricondurre il target in un ambito conosciuto) ma limitarne il peso.
L’informazione tecnica verrà veicolato con gli strumenti del below the line tenendo conto che internet (siti, blog, forum, portali, etc) ci offre una cassa di risonanza fondamentale.
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bravo Fede
in particolare occorre puntare a sensibilizzare in generale le persone all’utilizzo di queste energie, con comunicazione efficacie e RESPONSABILIZZANTE, non solo puntare a chiavi economiche AMMINISTRATIVE, comunque fondamentali e importanti (nonchè necessarie per via degli altrimenti ritorni troppo lunghi di alcuni investimenti)
la mia impressione è che le AUTORITA’ non credano fino in fondo al progetto, non lo spingano…che sia perchè poi, in definitiva, gli costa troppo in termini di sgravi e altro?
mah.
Manca senz’atro un progetto di comunicazione di più alto livello che non sia di tipo “aziendale” (giustamente e comprensibilmente votato a spingere una attività economica), che abbia una chiave spiccatamente morale, un “tam tam” come lo hai chiamato tu, che sia veramente un TAM TAM!!! che batta continuamente su concetti chiave della responsabilità sociale di ognuno di noi…non mi dilungo.
è vero comunque e sono d’accordo con te, che anche la comunicazione delle aziende debba elevarsi un po, non più o meglio non solo con una spiccata chiave monetaria.
ti abbraccio
Per quanto riguarda l’Italia, la politica energetica è stata da sempre gestita da Eni (per il gas) ed Enel (per la rete elettrica) ovvero aziende che non hanno un grande interesse che il privato possa da solo prodursi l’acqua calda, il riscaldamento, l’energia elettrica…
Tu parli di responsabilità sociale.
È proprio la responsabilità (a 360°) che manca.
Si guarda al breve periodo senza considerare l’impatto delle scelte attuali da qui a qualche anno.
Da qui la mia indicazione (ovviamente più “aziendalistica”) sulla comunicazione delle aziende che operano nel campo delle nuove energie: battere su questa responsabilità, per crearla, per sostenerla e perché no anche per “sfruttarla” per fare business… ovviamente business sostenibile.