I mercati cambiano, i business si evolvono. Parola d’ordine: emozionare. Anche nel btb.
Cosa c’entra l’emozione in un processo di scelta e acquisto così razionale come quello che caratterizza i mercati btb?
C’entra eccome perché anche nei settori più tecnici gli elementi di fredda razionalità stanno cedendo parte della loro posizione di monopolio agli aspetti emotivi.
Il prodotto, le sue caratteristiche hard, le sue prestazioni non sono più sufficienti a garantire un vantaggio competitivo duraturo. L’imitabilità oggi corre veloce. I driver di scelta diventano così compositi. Gli aspetti tecnico-funzionali si fondono con gli aspetti di notorietà, garanzia e solidità di una marca.
La pura pubblicità di prodotto non esiste più. È tempo della pubblicità del prodotto di marca.
Ha ancora senso la vecchia pagina pubblicitaria centrata su una grande foto di prodotto (a volte neanche troppo ben realizzata) e su un bel blocco di testo che cerca (vanamente) di riassumere tutte le caratteristiche magari già riportate sui cataloghi?
La risposta è ovviamente no!
Prima di tutto per un problema di ordine pratico. Una pagina costruita secondo questo paradigma non è in grado di emergere. Non spicca all’interno di contesti spesso saturi di comunicazione. Non colpisce, non suscita attenzione, non genera emozione.
Così non viene guardata, letta, compresa, ricordata; anche se il prodotto è ottimo.
E non facciamoci prendere dal panico del “non si capisce”. In una rivista che parla esclusivamente di caldaie, motori elettrici, fotovoltaico (ovvero in una rivista specialistica) non dobbiamo spiegare al lettore che quello che vede in foto è proprio quel prodotto… lo sa già.
Non serve quindi inserire il prodotto grande… Ancora un po’ più grande… Ancora un po’….
Non stiamo dicendo di eliminare totalmente il prodotto (anche se in mercati maturi e con una posizione di leadership potremmo permetterci questo azzardo). Stiamo dicendo di limitarne l’ingombro, utilizzando così lo spazio per inserire elementi in grado di catturare l’attenzione.
Il tempo di fruizione di una pagina pubblicitaria è molto basso, quasi nullo.
È praticamente impossibile che il lettore possa: essere colpito dalla comunicazione e fermarsi dallo sfogliare la rivista, capire cosa stiamo comunicando, capire chi sta comunicando, leggere un testo descrittivo articolato, memorizzare e comparare le informazioni, trascrivere un numero di telefono.
È già un grandissimo risultato se si ferma, capisce sommariamente di cosa stiamo parlando, vede il marchio e memorizza un indirizzo internet (ricordiamoci l’importanza di un indirizzo internet coerente con la marca, così l’utente dovrà ricordare solo un’informazione non due).
Siamo nell’era di internet. Se la pubblicità ha colto nel segno, ovvero ha generato interesse, l’utente andrà autonomamente ad approfondire e a ricercare sul sito tutte le informazioni che gli servono.
La pubblicità non può informare al 100%, non può e non deve essere esaustiva.
Non può perché non è lo strumento adatto (in una pagina non possiamo condensare un catalogo) e non deve perché altrimenti preclude altri e fondamentali momenti di contatto.
La pagina pubblicitaria deve generare attenzione, curiosità, interesse.
Per veicolare le informazioni complete l’azienda avrà a disposizione altri strumenti nel suo communication-mix.
La creatività diventa così un elemento centrale nel processo di definizione di una pagina pubblicitaria.
La scelta di immagini emozionali, la definizione di metafore curiose, la scelta di testi accattivanti rappresentano elmenti imprescindibili per “far saltare fuori” la pagina dalla rivista.
Una creatività che non deve essere più settoriale ma che deve essere in grado di rompere gli schemi.
Oggi btb e btc si fondono. Nelle mappe di posizionamento del nostro interlocutore ci sono sia i marchi industriali del proprio settore di appartenenza sia i marchi “consumer” legati al proprio stile di vita.
Anche il paragone con questi marchi (e con la loro comunicazione) incide sul processo di scelta.
La creatività deve essere così contaminazione. Non deve più parlare un linguaggio standard ma deve cercare paradigmi nuovi.
Idee, immagini e parole che nascono da un imprevedibile e originale mix di stili comunicativi differenti e afferenti a settori anche distanti.
E così la pubblicità di una caldaia deve tenere conto di come comunica il settore automobilistico, l’orologeria, la moda, l’arredamento, il design…
Non confondiamo, però, la contaminazione con la pura sperimentazione. La creazione di questo mix non deve essere un azzardo. Deve essere una leva in più per creare differenziazione, valore, vantaggio competitivo. Una leva in più per vendere.
Non cadiamo quindi nell’errore di “fare la pagina in casa”. Lo spazio pubblicitario costa tanto. Non vanifichiamo tutto per non investire qualcosa non sfruttando così le capacità creative e le competenze comunicative di chi fa advertising tutti i giorni.
E non cadiamo nell’errore che costando tanto, si debba utilizzare al massimo questo spazio saturandolo quasi in un’ottica di miglior ammortamento.
Quanto costa in realtà una pagina che nessuno guarda?