Dal 2012 non sorprendetevi se navigando in internet troverete qualche indirizzo strano.
Qualche indirizzo che in sostituzione dei canonici .it o .com utilizzerà direttamente il marchio dell’azienda.
Sta per vedere la luce l’ennesima rivoluzione del web.
È stata, infatti, deliberata dall’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) la possibilità che le imprese private possano utilizzare direttamente il proprio nome nel suffisso del dominio.
Secondo il board la portata di questa innovazione è epocale, pari alla rivoluzione di oltre 25 anni fa che portò all’introduzione degli indirizzi che oggi tutti conosciamo in sostituzione degli indirizzi numerici.
I risvolti di marketing possono essere interessanti soprattutto per quelle aziende che hanno una strategia su scala globale chiara e fortemente identificativa, ovvero per quelle aziende che nel tempo hanno costruito un’immagine di marca vincente.
A gettare un po’ d’acqua sul fuoco però ci hanno pensato proprio le grandi corporation.
Oltre al costo impegnativo per potersi fregiare di un proprio dominio personalizzato, le aziende vedono dei rischi potenziali maggiori dei benefici ottenibili in chiave comunicativa.
Le aziende, infatti, prevedono un aggravio della gestione di questi indirizzi che, potenzialmente, possono diventare bersagli dei cybersquatter ovvero “terreno di caccia” di usurpatori.
Attività che per essere combattuta richiede pesanti e lunghe azioni legali, spesso dall’esito non così scontato.
Sono passati alla storia i casi più eclatanti di acquisto di indirizzi internet “famosi” da parte di “sconosciuti”.
Su tutti whitehouse.com. Indirizzo che nell’immaginario collettivo dovrebbe portare al sito della Casa Bianca e invece, fino a pochi anni fa, portava a un sito pornografico semplicemente perché il titolare (tale Dan Parisi) è arrivato prima e White House non era un marchio registrato. Situazione che è durata fino al 2004 e che si è ricomposta solo per la cessazione volontaria dell’attività da parte di Parisi (intanto il sito, dalla sua apertura nel 1997, aveva registrato oltre 85 milioni di accessi).
Caso simile quello della Nissan. Il cui indirizzo nissan.com era stato acquistato nel 1994 da tale Uzi Nissan e che a tutt’oggi porta nel sito vetrina dell’attività di questo signore che commercializza computer (il tribunale infatti ha ritenuto lecito l’utilizzo del dominio da parte di Uzi Nissan in quanto corrispondente al suo cognome).
Ormai manca poco al 2012, staremo a vedere ma nonostante le renitenze iniziali quasi sicuramente a breve troveremo un sito .apple o .nike o .mercedes. Cosa dite?