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Era il mese di luglio dell’anno 2005.
Il magnate dei media Rupert Murdoch si apprestava a sborsare quasi 600 milioni per acquistare un’azienda che da soli due anni aveva affrontato la sua fase di strat-up.
Nella visione di Murdoch i social media avrebbero rivoluzionato non solo il web ma l’intero modo di relazionarsi delle persone su scala mondiale.
Ancora una volta aveva visto giusto, leggendo correttamente quella che solo sei anni dopo sarebbe diventato uno standard di vita trasversale a tutte le età e a tutti i ceti sociali.
Murdoch pensava di fare il colpo acquistando la piattaforma leader del “settore”: MySpace.
L’azienda fu subito rivoluzionata e risultati furono inizialmente incoraggianti: 100 milioni di utenti a metà del 2006.
Murdoch aveva percepito correttamente il “trend” però dopo qualche anno i segnali erano preoccupanti: aveva puntato sull’azienda sbagliata.
Non aveva previsto il boom travolgente di Facebook.
In un breve lasso di tempo lo scenario era completamente cambiato: mentre Facebook diventava il re e il simbolo assoluto del networking, MySpace si avviava rapidamente al declino tanto che oggi la piattaforma è in vendita a un quinto del prezzo pagato nel 2005.

MySpace ha pagato la rapidità dell’obsolescenza tipica della rete. In questi anni le innovazioni sono state poche e questo ha reso meno attrattiva la piattaforma rispetto a un più dinamico Facebook.
MySpace, inoltre, non è riuscito a sfruttare il vantaggio competitivo derivante dall’evoluzione del suo posizionamento naturale.
Da un semplice network per mettere in contatto le persone, il sito era diventato un vero e proprio punto di riferimento dei movimenti musicali internazionali; una vetrina mondiale per artisti e gruppi, da quelli più acclamati a quelli del sottoscala. Ma anche questo non fu sufficientemente sviluppato o almeno non diede i frutti sperati.

Inoltre MySpace ha pagato in anticipo la saturazione (e la relativa stanchezza da parte degli utenti) del mondo networking.
Anche Facebook, infatti, pur essendo in grande espansione in alcuni mercati “emergenti” (tipo il Brasile) sta registrando i primi segni di cedimento sui mercati storici (quelli più appetibili dal punto di vista della raccolta pubblicitaria) quali USA e Regno Unito.
Sicuramente siamo ancora lontani dal declino dei social network (Facebook però non deve dormire sugli allori ma imparare dagli errori fatti da MySpace) ma sicuramente il tramonto di quello che per qualche anno è stato un punto di riferimento (MySpace appunto) e i primi segni di flessione della piattaforma che domina questo mondo (Facebook appunto) possono rappresentare un segnale debole da non sottovalutare.


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0 Comments

  1. diegovis ha detto:
    27 Giugno 2011 alle 23:56

    Social network come MySpace hanno il grosso limite di non aver identificato da subito il modello di business, ovvero dove fare i soldi necessari non solo alla sopravvivenza del sistema stesso ma pure generare utili per la crescita. Linkedin sembra l’abbia trovato orientandosi a diventare una immensa agenzia di collocamento. Facebook e Twitter mi pare siano ancora alla ricerca del proprio meccanismo principe x far soldi. Una cosa è importante sottolineare: sono tutti prodotti “consumer” e come tali vanno e vengono con la velocità con cui si cambia cellulare 😉

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