Negli ultimi mesi molte aziende ci hanno commissionato lo sviluppo di banner animati per fare pubblicità in internet. I siti di “servizio” si stanno moltiplicando e, considerando anche la situazione di relativo stallo di un mezzo di comunicazione per certi aspetti considerato ancora sperimentale, le offerte particolarmente “arrembanti” stimolano gli inserzionisti anche nel settore btb.
Spesso però le aziende si fanno attrarre dall’occasione senza valutare, anche dal punto di vista strategico, queste operazioni. Così, dopo l’entusiasmo iniziale, si passa rapidamente alla fase di analisi del reale ritorno dell’investimento.
La domanda che ci viene rivolta, spesso ex-post, è diretta: questi banner servono o no? La nostra risposta è abbastanza scettica.
Fondamentale è la tipologia di sito nel quale si pubblica.
Una cosa è apparire in un portale informativo un’altra e pubblicare in una directory di ricerca.
Nel primo caso i clic di conversione, ovvero i passaggi dal portale al sito dell’azienda, sono molto scarsi. Il banner infatti si inserisce in un conteso nel quale la pubblicità viene percepita quasi come un elemento di disturbo.
Un certo ritorno può comunque esserci in termini di notorietà del marchio. Infatti una certa visibilità è assicurata anche se in un portale informativo il navigatore cerca appunto informazioni conducendo una ricerca mirata che non lascia spazio a deroghe a viste in siti collaterali. Su questa brand awarness “mediata” il livello di autorevolezza del portale gioca un ruolo fondamentale. Il grado di importanza del sito, infatti, si trasferisce in parte alle aziende inserzioniste e solo in alcuni casi il prestigio istituzionale ne risulta beneficiato.
Ad ogni modo un’azione di web advertising deve essere necessariamente supportata da una visione olistica della comunicazione. Non può da sola, o in via predominante, sostenere la strategia di comunicazione in quanto i ritorni sono, spesso, inferiori a quelli sperati.
In una directory il navigatore cerca, invece, delle aziende di riferimento. L’evidenziazione in un banner può in questo caso offrire una posizione privilegiata rispetto ai concorrenti e portare quindi oggettivi vantaggi anche in termini di viste sul sito aziendale.
In ambedue i casi sono assolutamente da evitare i banner “pop-up”, ovvero quelli che si aprono in finestre ausiliarie “sopra” il sito principale. Molti navigatori, proprio perché il banner pubblicitario è percepito negativamente, impostano dal browser il blocco automatico di queste finestre.
I banner, comunque, offrono un vantaggio peculiare: la piena misurabilità della redemption.
Gli strumenti statistici on line oggi permettono di monitorare nel dettaglio il comportamento del navigatore. L’azienda, quindi, può analizzare nel dettaglio il numero di pagine visualizzate, i clic di conversione, etc. Spesso però i report che giungono dai portali non offrono il giusto livello di disaggregazione dei dati. Dati che in molti casi potrebbero evidenziare il reale ritorno dell’investimento.
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Io mi limito a portare la mia esperienza.
Personalmente penso di non aver mai cliccato su un banner pubblicitario.
Faccio un esempio: se sono nel sito del Sole24ore in cerca di una notizia ben difficilmente clicco per entrare in un sito aziendale, anzi…
Ben diverso è il discorso dei link utili ovvero di quei collegamenti che possono portare un reale valore aggiunto informativo.
Anch’io come Francesco penso di non aver mai cliccato su un banner pubblicitario.
In più io sono uno di quelli che da browser ha messo il blocco ai pop-up che ritengo una vera e propria seccatura.
Io qualche pubblicazione su dei portali di settore l’ho fatta, invogliato anche da offerte economicamente vantaggiose.
Non penso abbiano fatto male, anzi.
Noi non sosteniamo che i banner in internet siano inutili.
Diciamo che la scelta di questo strumento deve essere strategicamente valutata e non pilotata solo da un’offerta economica vantaggiosa.
Ci è capitato di trovare dei clienti che hanno speso volentieri qualche migliaio di euro per un banner unatantum (magari in un sito si prestigioso ma che, essendo magari rivolto a un target non proprio centrato, ha dato più soddisfazione all’imprenditore che portato brand awarness all’impresa) per poi non investire qualche centinaio di euro in operazioni molto mirate sul target di riferimento.
Anch’io sono una di quelli che i banner nemmeno li guardano, spesso mi sembrano “un fastidio” per la ricerca che sto effettuando…sorry!
Quanto alla “la piena misurabilità della redemption.” avrei da ridire. C’è un dibattito da anni sulla reale affidabilità dei sistemi di rilevamento dei siti.
Quanto ai banner, credo sia venuto il momento di smettere di farli con la speranza che inviino molti utenti al sito dello sponsor. Meglio i nuovi banner-spot, autosufficenti, che pubblicizzano qualcosa, ovvero mostrano qualcosa che è già di per sè uno spot pubblicitario funzionante, senza il bisogno che qualcuno ci clicchi sopra.
Inoltre si vedono di rado sponsorizzazioni con pagine interstitial chiare e trasparenti del tipo “la pagina che stai per leggere è offerta da [brand]. Ringraziamo [Brand] per il suo contributo economico al nostro sito, senza il quale il contenuto che stai per visualizzare non sarebbe stato prodotto”.
Questa, secondo il mio modesto parere, è una formula che sul web puo’ funzionare e portare non solo visibilità ma anche valore e stima del pubblico verso i brand degli sponsor.
Se conosco bene i signori di Sintesi mi sento di poter dire che il riferimento alla piena misurabilità dei risultati era più una provocazione che una convinzione.
E il riferimento ai report inserito in chiusura non è casuale.
Anch’io non so fino a che punto “credere” alle statistiche internet.
Su questo poi si inserisce la promessa (in fase commerciale) da parte dei portali di poter monitorare ogni respiro del navigatore salvo poi trovarsi realmente con pochi dati di scarso interesse.
Concordo con Paul che la soluzione delle pagine “trasparenti” potrebbe essere una buona soluzione.
Non più una pubblicità invasiva che “disturba la ricerca” ma una corretta visibilità a dei “partner” che di fatto sostengono il sito.
Sicuramente l’immagine dell’inserzionista uscirebbe vincente proprio perché rafforzata da questo “comportamento discreto” e rispettoso del navigatore.
Di seguito mi limito al B2B. Credo che il baner come pubblicità vera e propria sia poco utile.
La strategia attualmente utilizzata con AdWord è quella di far sembrare il testo pubblicitario il più possibile simile a quello dell’articolo sperando in un click.
Personalmente credo che un buon compromesso sia pubblicizzare contenuti neutri e di interesse per il target guadagnando un’immagine di competenza. Il lettore target ricercherà poi il contatto con l’azienda pubblicizzata.