840 pagine, 2.5 kg di peso.
No, non sono i numeri del nuovo, ormai imminente, libro di Dan Brown ma le caratteristiche dell’edizione dei record di Vogue America.
Era il settembre 2007 e la celebre rivista usciva con un numero maxi composto da oltre 700 pagine di pubblicità (quasi il 90% della foliazione).
Un numero decisamente storico, “celebrato” nel film “The september issue”, uscito in questi giorni nelle sale USA.
L’economia tirava e tutti gli inserzionisti puntavano a spingere lettrici e lettori a una ripresa dello shopping forsennato dopo mesi di vacanze.
Quell’edizione di Vogue generò reazioni contrastanti: chi felice di acquistare una piccola enciclopedia dell’advertising, chi contrariato dall’inflazione pubblicitaria e dall’alto impatto ambientale per la produzione di un numero big size (un albero a copia).
Il numero di settembre 2009 uscirà con poco più di 400 pagine di pubblicità.
Una cura dimagrante imposta non dai lettori ma da un crisi che ha colpito anche i big spender della moda.
Una crisi che sta avendo ripercussioni importanti su tutto il comparto editoriale, anche nell’editoria specializzata.
È vero che molti brand stanno spostando il loro focus sulla comunicazione on-line. Ma se pensiamo che Louis Vuitton North America investe nel web meno di 300.000 dollari e che una sola pagina su Vogue può arrivare a costare oltre 100.000, i conti non tornano.
Insomma anche nel dorato settore della moda è finito il tempo delle vacche grasse.
Noi comunicatori del btb siamo da sempre abituati a fare comunicazione con budget più che risicati (ok, senza modelle o fotografi di grido ma con una creatività che spesso non ha nulla da invidiare alle grandi campagne)… Benvenuti nel nostro mondo.
*Nel blog di Sintesi Comunicazione parliamo principalmente di tematiche btb. Ma l’articolo pubblicato sul numero odierno del Sole 24 ore che parla appunto di Vogue America ha colpito la nostra (e speriamo la vostra) attenzione. Speriamo quindi che lo sconfinamento nel mondo della moda ci sia perdonato.
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Se qualcuno fosse in possesso di quel numero sono interessata all’acquisto, se non per la mia passione/malattia per la moda, per avere “una piccola enciclopedia dell’advertising” oltre alla nostra.
Anche le grandi agenzie (e le agenzie collegate alle aziende con grandi budget) dovranno iniziare a fare i conti con la spada di damocle dell’analisi dei costi. Fare grandi campagne con budget illimitati fa molto “ti piace vincere facile”.
È vero un’agenzia grande non è sempre una grande agenzia e il grande budget non necessariamente genera una grande campagna.
Capita infatti che la mancanza di limiti di budget o il facile ricorso a testimonial di grido schiacci la creatività che così si banalizza senza far fare il giusto salto alla comunicazione.
Sono d’ accordo con Francesco, facile fare grandi campagne quando non si hanno problemi di budget. Mi viene da dire: “Benvenuti nel mondo reale”…… Chi come me lavora nel settore industriale lo sa bene, ma forse proprio nel nostro campo il ricorso alla creatività può dare la svolta giusta alla comunicazione aziendale.
Ti ricordi quella famosa pubblicità “potevamo stupirvi con effetti speciali?”.
Ecco quando si hanno grandi risorse per “comprarli” gli effetti speciali non sono poi così speciali. È quando mancano le risorse che bisogna sopperire con una grande creatività che vuol dire ricerca, idee, innovazione, esperienza, sensibilità, competenza.
Avendoli, tutti sono capaci a spendere 10 mila euro per un vestito di Armani. Il bello viene quando devi sbatterti per cercare il vestito à la page nei negozi “nascosti”.